Progetto ASL “Il chimico del domani” anno 2017/2018
Auditorium Santa Margherita – Venezia 23 ottobre 2018
Buongiorno, sono Pietro Maria Pagnanelli, frequento il 5° anno del Liceo Scientifico Giacomo Leopardi di Recanati, nelle Marche.
Dal 21 Maggio 2018 al 9 Giugno 2018 ho svolto il mio percorso di alternanza scuola-lavoro presso il laboratorio di Catalisi Organica (chimica industriale) del Professore Stefano Paganelli al Dipartimento di Scienze Molecolari e Nanosistemi dell’Università “Ca’ Foscari” di Venezia.
Essendo interessato a svolgere l’ASL nel mondo della ricerca scientifica, molti mi consigliavano di andare all’Università di Camerino o al Politecnico delle Marche (sicuramente più comode e vicino casa), ma decisivo è stato l’intervento di mio zio, il Prof Gino Paolucci che mi ha parlato molto bene della “Ca Foscari”, prestigiosa università dove ha insegnato per molti anni, e mi ha convinto a provare quest’esperienza unica.
Il laboratorio era focalizzato sullo studio dei catalizzatori; un catalizzatore è una molecola o un elemento chimico che abbassa l’energia di attivazione, energia senza la quale la reazione chimica non può avvenire, e quindi ottimizza il tempo ed i costi di una reazione chimica; per queste specifiche caratteristiche i catalizzatori hanno trovato largo impego nel settore della produzione industriale.
Dopo uno studio accurato delle norme di sicurezza in un laboratorio, ho seguito da vicino il processo chimico che stava studiando il Professore affiancato dalla Dottoranda Noemi Bardella; il primo passaggio consisteva nel creare un catalizzatore partendo da un legante, già sintetizzato negli altri laboratori dell’Università, ed un precursore catalitico. Il legante era idrofilo ovvero permetteva al catalizzatore di sciogliersi in acqua e quindi di formare quella che veniva chiamata fase acquosa
Legante + precursore + H2O = fase acquosa
Per facilitare lo scioglimento del catalizzatore veniva impiegato un campo magnetico che aumentava l’agitazione dei composti.
Successivamente, alla fase acquosa veniva aggiunta la fase organica formata da un substrato, ovvero un reagente, e da un solvente
Substrato + solvente = fase organica
A questo punto la soluzione veniva inserita in un autoclave, ovvero un apparecchio a chiusura ermetica con una doppia parete, che permetteva di mantenere una temperatura ed una pressione stabile per far avvenire la reazione. L’acqua o il glicoetilenico venivano riscaldate e, tramite una pompa, fatte circolare tra la parete dell’autoclave mentre l’introduzione dell’idrogeno faceva variare la pressione. Dopo circa 22 ore, finita la reazione, l’autoclave veniva aperta. Poi non restava che analizzare l’attività e la selettività (ovvero la conversione e la resa) del catalizzatore lasciato agire alla temperatura ed alla pressione stabilite precedentemente. Con l’aiuto di un solvente veniva estratta la fase organica che poi veniva inserita in uno spettrometro di massa che sfruttava la gascromatografia: i composti a fine reazione venivano trasportati da un gas lungo una colonna e venivano separati in base ai loro coefficienti di ripartizione. A questo punto grazie ad una proporzione matematica si calcolavano quante moli di substrato erano rimaste a fine reazione e quindi qual era il valore della conversione.
Lo scopo della ricerca è stato quindi quello di studiare la più alta attività del catalizzatore, nei vari substrati utilizzati, cercando di non arrivare a condizioni estreme per quanto riguarda la temperatura e la pressione.
Dopo aver osservato da vicino il procedimento del Professore, ho iniziato a dare una mano misurando con una bilancia elettronica o con una micro pipetta i composti, sigillando le autoclavi, pulendo accuratamente gli strumenti utilizzati con l’acetone ed aiutando in generale a mantenere in ordine e a rifornire il laboratorio del necessario.
La strumentazione impiegata mi era quasi del tutto sconosciuta: a parte la bilancia elettronica e le varie beute, ho lavorato con autoclavi, spettrometri di massa, RMN e rotavapor (per far evaporare l’acqua o i solventi presenti in una soluzione).
Durante quelle tre settimane è stato fondamentale il supporto che mi hanno dato sia il Professore che la Dottoranda (che ho affiancato);
con il loro entusiasmo mi hanno sempre spronato a dare il massimo ed hanno sempre risposto in modo preciso alle mie domande; non mi hanno mai fatto sentire un peso nel laboratorio ma anzi mi hanno accolto a braccia aperte sin dal primo giorno.
Ho fatto amicizia anche con altri dottorandi, professori e tecnici del Dipartimento con i quali mi ritrovavo a pranzo durante la pausa, ed ho anche trovato molto utile la Biblioteca dell’Università, dove spesso mi fermavo a leggere in attesa dell’autobus per Venezia.
Infatti in quel periodo alloggiavo a Venezia; ero lontano dall’ambiente al quale ero abituato e dove ho vissuto per tutta la vita circondato dalla mia famiglia e dai miei amici, quindi ho dovuto adattarmi e fare nuove conoscenze;
questo però mi è servito anche per conoscermi meglio e sono diventato più responsabile; inoltre nei momenti liberi non esitavo ad girare questa magnifica città Venezia che sembra nascondere un mistero.
Per concludere devo dire che grazie a questa esperienza ho potuto osservare da vicino il mondo della ricerca scientifica e rendermi conto del prezioso lavoro che svolgono quotidianamente professori e dottorandi. Personalmente ritengo che questo settore molto spesso poco valorizzato, sia fondamentale per il benessere e la crescita della nostra Società.
Un’esperienza del genere fatta negli ultimi anni di scuola superiore è fondamentale per sciogliere quei dubbi ed interrogativi che un studente come me può avere quando riflette sulla sua futura vita universitaria. Ora sono più consapevole di quello che potrei aspettarmi scegliendo questo tipo di università ed in questi mesi che mi separano dall’Esame di Stato rifletterò ancora a lungo basandomi anche su questa esperienza per decidere quale Facoltà scegliere nel prossimo futuro.
Ringraziamenti